La scoperta dell’avventura
(dalla Prefazione della pubblicazione per i 50 anni del Roma 121, La scoperta dell’avventura, 1994)
Chi cinquant’anni fa ha dato inizio al nostro Gruppo scout sicuramente non aveva preparato documenti, prime pietre, foto e frasi celebri per le giornate di oggi.
Chi ha iniziato con il Riparto probabilmente non pensava affatto a cinquanta anni dopo, di sicuro non pensava a noi estensori e lettori di oggi: ha iniziato con grande voglia di fare e con enorme fiducia convinto che il futuro potesse essere reso migliore.
Se non si era posto il problema di documentare per future celebrazioni i primi passi del Gruppo, è possibile che non si fosse neppure posta la domanda di valutare l’impatto, il significato di quello che stava facendo, di decidere se la fatica valesse l’impresa.
E tutto questo perchè sapeva, in modo forse inconsapevole, che c’è il momento della semina e che al seminatore è chiesta solo la fedeltà in questo lavoro, sapeva che si opera pienamente e fino in fondo nelle piccole cose dell’oggi perchè il raccolto ci sarà quando sarà il tempo e forse sarà raccolto e goduto da altri. Chi semina e non disperde sa che ci sarà un raccolto e ci saranno braccia, forse non le sue, per quel raccolto; braccia di persone che non ha conosciuto e che forse mai avranno sentito parlare di lui. In un certo senso semina non per raccogliere, ma in modo gratuito, donando le sue capacità, il suo tempo, il suo entusiasmo.
Il significato di questa semina che supera l’oggi e guarda lontano senza la mania del protagonismo è la speranza, la grandissima voglia di costruire che molti di noi hanno scoperto, da ragazzi e da capi, nel Gruppo. Forse è la parte più bella che abbiamo prima vissuto e poi capito in questa esperienza e ci sembra un tesoro, un senso dato alla nostra vita che non può essere tenuto nascosto, ma va messo a parte di tutti.
Per questa voglia di manifestare una scoperta riproponiamo in queste pagine alcune linee del nostro ricordo.
Ci rivolgiamo in primo luogo a quanto sono oggi nel Gruppo e ai loro genitori, agli amici che ci sono vicini: sono loro che debbono proseguire.
In secondo luogo le riproponiamo a chi ha vissuto, anche per breve tempo, nel Gruppo. Gli anni si sono incaricati di diversificare le nostre strade; talora, incontrandoci, ci sembrava che ad unirci fosse solo l’aver condiviso situazioni passate, lontane, che non possono tornare. Invece abbiamo condiviso e – nelle nostre diversità – tutt’ora condividiamo lo spirito costruttivo di quella semina. Forse a ciascuno di noi è capitato di tradirlo, di rinnegarlo, di aver vissuto anni in cui è sembrato che sperare di costruire un futuro migliore fosse un sogno ingenuo, possibile solo dopo il grande buio della guerra.
In terzo luogo lo dedichiamo a quanti ci hanno tracciato la strada.
Non vorremmo oggi fare una celebrazione sterile per ricordarci come eravamo, per sorridere nel guardare foto ingiallite o strani documenti emersi dai cassetti polverosi. Ci piacerebbe che questo cinquantennio fosse un’occasione per tornare a pensare che sono state raccolte ed affrontate le sfide che ogni anno ha portato.
Oggi le sfide sono diverse, e dalla storia non possiamo certo imparare con quali mezzi, con quali accorgimenti tecnici affrontarle, possiamo invece cogliere lo spirito, i criteri di valore con cui fronteggiarle.
Ognuno di noi, come persona, ha un atteggiamento di fronte alla vita che si è costruito in una successione di esperienze, di piccole scoperte nel quotidiano.
In modo del tutto analogo quella entità (astratta e concreta) del Gruppo scout fa tesoro della sua storia, torna a riflettere sulle sue esperienze. In questa riflessione può correre il rischio di ripiegarsi in una sterile celebrazione di se stesso o invece trovare lo slancio che deriva anche da una giusta consapevolezza di sé. Infatti sapere di essere usciti da tante prove può dare confidenza e far superare con coraggio ostacoli e fossati che si penserebbe di avere le forze per affrontare.
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